Lo afferma la Cassazione con sentenza del 16 marzo 2022, n. 8628, che ha preso in considerazione il caso di una lavoratrice che aveva impugnato il licenziamento comminatole per superamento del periodo di comporto.
La Suprema Corte ha confermato il giudizio della Corte di Appello che aveva accolto il ricorso, precisando che in tema di licenziamento per superamento del comporto, “il datore di lavoro non deve specificare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive, anche sulla base del novellato art. 2 della l. n. 604 del 1966, che impone la comunicazione contestuale dei motivi, fermo restando l’onere di allegare e provare compiutamente in giudizio i fatti costitutivi del potere esercitato; tuttavia, ciò vale per il comporto cd. ‘secco’ (unico ininterrotto periodo di malattia), ove i giorni di assenza sono facilmente calcolabili anche dal lavoratore; invece, nel comporto cd. per sommatoria (plurime e frammentate assenze) occorre una indicazione specifica delle assenze computate, in modo da consentire la difesa al lavoratore”