È il caso sottoposto all’esame del Tribunale di Venezia, sez. II, che con sentenza n. 2286 del 2 dicembre scorso ha ritenuto che una registrazione, per essere considerata lecita, deve essere eseguita «per tutelare la propria posizione all’interno dell’azienda» nonché «per precostituirsi un mezzo di prova» e a patto che sia «pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità».

Il Tribunale veneziano precisa che il trattamento di dati personali per finalità di accertamento e/o esercizio di un diritto (anche in una fase pre-contenziosa) «è espressione del legittimo interesse del titolare del trattamento e, pertanto, in caso di insussistenza di detto interesse, il trattamento deve ritenersi illecito per mancanza di una delle sue basi giuridiche (art. 6, comma 1, lett. f), Reg. UE 2016/679)» (Cass. civ., n. 12534/2019).

In questo caso, si trattava della registrazione di una riunione di lavoro svolta per sciogliere alcune problematiche organizzative interne all’azienda effettuata di nascosto da un lavoratore e poi messa a disposizione di alcuni colleghi non presenti alla riunione che dopo due anni l’avrebbero prodotta nelle rispettive cause di lavoro contro l’azienda.

Sul punto, il Tribunale ha specificato che «ogni qualvolta il titolare del trattamento opponga all’interessato lo svolgimento di attività difensive a giustificazione di un dato trattamento di dati personali, quest’ultimo deve in ogni caso dimostrare la sussistenza di un contesto litigioso e/o la parvenza di un pregiudizio subito che lo avrebbero in ipotesi portato ad intraprendere trattamenti di dati personali riguardanti l’interessato, e ciò al preteso fine di chiedere la tutela i propri diritti (anche in una fase di pre-contenzioso)».

Il Giudice del Tribunale di Venezia ha sostenuto dunque l’illiceità della condotta del lavoratore con riferimento al trattamento dei dati sensibili «sia per quanto riguarda la mancanza di una propria esigenza difensiva, sia con riferimento al difetto della pertinenza, sul piano temporale, dei tempi di conservazione dei dati a quanto strettamente necessario alla propria difesa».

Pertanto ha ritenuto che il lavoratore avesse violato l’art. 5 del Regolamento UE 2016/679 («i dati personali sono raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in un modo che non sia incompatibile con tali finalità») ordinando la cancellazione e/o distruzione dei file audio contenenti la registrazione della riunione.